IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE All'udienza in camera di consiglio del 25 giugno 2008 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura la seguente ordinanza nel procedimento a carico di P. G. In fatto ed in diritto All'udienza preliminare P. G. imputato del reato di cui all'art. 609-quater c.p., ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, condizionato all'esperimento di perizia psichiatrica. Lo psichiatra ha ritenuto l'imputato capace di partecipare scientemente al processo, ma seminfermo di mente al momento del reato; ha ritenuto, infine, la pericolosita' attuale del P. All'esito della discussione, questo giudice, ritiratosi in camera di consiglio, ha raggiunto la conclusione di affermare la responsabilita' dell'imputato, concedendogli le attenuanti generiche, l'attenuante del fatto di minore gravita' e la diminuente della seminfermita', infliggendogli una pena (non sospesa stante il pericolo di reiterazione) di un anno e sei mesi di reclusione. A norma dell'art. 219 c.p., essendosi applicata riduzione per la seminfermita' ed in presenza di una pericolosita' attuale, deve disporsi misura di sicurezza. Nella scelta della misura questo giudice si trova, pero', vincolato dal disposto dell'art. 219 c.p. che distingue le misure di sicurezza applicabili facendo riferimento alla pena minima edittale prevista dalla legge ed, in particolare, rendendo obbligatoria l'adozione della assegnazione a casa di cura e custodia nei casi in cui «la pena stabilita dalla legge non e' inferiore a cinque anni». Per consolidata giurisprudenza (cfr. Sez. 1, sentenza n. 9044 del 14 febbraio 1977, Id. n. 281 del 5 ottobre 1981) «Per il calcolo della pena, ai fini della determinazione della durata minima del ricovero in una casa di cura e di custodia, vale il principio stabilito dall'art. 157 cod. pen.». Pertanto, il legislatore del 2005 nel modificare il terzo comma dell'art. 157 c.p. ha inciso - senza alcuna consapevolezza - anche sulla disciplina prevista dall'art. 219 c.p., rendendo inoperanti, ai fini del calcolo della pena, le diminuzioni per l'applicazione delle circostanze attenuanti e cosi' rendendo obbligatoria l'adozione della misura di sicurezza anche per fattispecie in cui nel precedente regime non lo era. Disciplina che si rivela illogica se si considera che nei casi di minore gravita' previsti dal penultimo comma dell'art. 609-quater c.p. puo' essere effettuata una riduzione di due terzi della pena. Sicche', in relazione a manifestazioni di pericolosita' anche modeste viene considerato obbligatorio un apparato sanzionatorio sproporzionato. Invero, ai fini del contenimento della pericolosita' dell'imputato l'attuale disciplina rende obbligatoria l'applicazione della misura di sicurezza dell'assegnazione a casa di cura e di custodia, anche se la sua pericolosita' potrebbe essere arginata con la meno grave misura di sicurezza della liberta' vigilata con prescrizione di dimora presso Comunita' terapeutica assistita. La disciplina sospettata di incostituzionalita' si manifesta ancor piu' irrazionale e lesiva del diritto costituzionalmente garantito della salute, se si fa riferimento al precedente di Corte costituzionale 18 luglio 2003, n. 253, che ritenne costituzionalmente illegittimo il disposto dell'art. 222 c.p. in quanto non consentiva di adottare nei confronti dell'imputato «in luogo della misura di sicurezza del ricovero in ospedale giudiziario una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure all'infermo di mente e di far fronte alla sua pericolosita' sociale».